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mercoledì 22 maggio 2013

Il cecchino di cuori

Le mie vittime non hanno nome, nazionalità e vergogna.

Si trascinano storditi in strada senza bussola né tepore in cerca di un marciapiede non troppo sporco per poter ancora tirare a campare.

Miro con la calma e la cravatta che mi rappresentano senza esitare.

Come il sole e il vento mi lascio trasportare dalle mie sensazioni ogni volta che una delle mie vittime muore e mi lascia in eredità un grammo di mondo migliore in meno.

Il mio mestiere, di pubblica utilità, serve a porre fine alle loro sofferenze. Vite di senso svuotate e violentate dal mondo. Un mondo più crudele di me che li sfrutta fino a snaturare il loro senso e lasciarli sanguinanti e vaganti.

Se un giorno si sveglieranno io non sarò più utile e lascerò questa terra e il mio ruolo con piacere e lacrime.
Se loro, le mie vittime, si ribelleranno anche io sarò redento poichè parte di quella crisi che portò al risveglio, al cambiamento, alla nuova era assiale piena di dolore e di autentico calore.

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